Ambiente: rifiuti alimentari, una risorsa preziosa

5 Ottobre 2020

Lo sfruttamento dei rifiuti organici, che costituiscono la maggior parte dei immondizia, è uno campo di ricerca e sviluppo importante per la sostenibilità ambientale nei paesi occidentali.

Dal rapporto ISPRA ” Rifiuti urbani  2019″ emerge che, a livello nazionale, il 35% circa dei rifiuti annualmente prodotti è rappresentato dalla frazione organica, costituita dai rifiuti biodegradabili da cucine e mense e dalla manutenzione di giardini e parchi. Di questi, più del 40%, viene avviato a riciclaggio.

È presumibile che nel futuro i rifiuti organici aumenteranno, infatti, la nuova direttiva sui rifiuti, non ancora recepita, ha introdotto alcuni cambiamenti per quanto riguarda la loro gestione.

Tutti gli Stati membri dovranno raccogliere separatamente i rifiuti organici o assicurare il riciclo a partire dalla fine del 2023 nuovi target per la preparazione per il riuso e il riciclaggio dei rifiuti urbani, che, in accordo con la direttiva sulle discariche, necessita di individuare una corretta gestione dei rifiuti organici.

ISPRA ci conferma che che il trattamento della frazione organica della raccolta differenziata (umido + verde) passa da 5,9 milioni di tonnellate a 6,3 milioni di tonnellate, evidenziando una crescita di 431 mila tonnellate, pari al 7,3%.

Il pro capite nazionale di trattamento biologico dei rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata, nel 2018, è pari a 105 kg/abitante con valori molto diversi nelle singole aree geografiche:

  • 155 kg/abitante al Nord
  • 57 kg/abitante al Centro
  • 65 kg/abitante al Sud.

In considerazione del fatto che non tutte le regioni sono dotate di una sufficiente impiantistica che rende possibile “chiudere il cerchio” della gestione di questa particolare tipologia di rifiuti, l’organico subisce una movimentazione all’interno del Paese; il quantitativo complessivo dei flussi movimentati nell’anno 2018 risulta pari a circa 1,7 milioni di tonnellate.

Per quanto riguarda la composizione della frazione proveniente dalla raccolta differenziata, ISPRA riporta che, nell’anno 2018, questa è costituita, in prevalenza, da:

  • “rifiuti biodegradabili di cucine e mense”, con un quantitativo di circa 4,6 milioni di tonnellate, pari al 72,4% del totale
  •  “rifiuti biodegradabili” di giardini e parchi, con circa 1,7 milioni di tonnellate, rappresentano il 26,8% del totale
  • rifiuti dei mercati”, con 48 mila tonnellate, costituiscono una quota residuale dello 0,8%.

Le tecnologie di trattamento

Per quanto riguarda le tecnologie di trattamento adottate a livello nazionale, l’analisi dei dati mostra che circa 3,3 milioni di tonnellate (il 51,6% del totale trattato) di frazione organica da raccolta differenziata viene gestito in impianti di compostaggio.

2,8 milioni di tonnellate, che rappresentano  il 43,6% del totale complessivo, viene avviata al trattamento integrato (anaerobico/aerobico), affermando un significativo trend positivo che interessa negli ultimi anni il recupero dei rifiuti organici circa 304 mila tonnellate (circa il 4,8%) viene trattato in impianti di digestione anaerobica.

Una modalità di gestione in incremento,  sia dal punto di vista impiantistico, con 23 impianti che di quantitativi gestiti, con aumento di 16 mila tonnellate, corrispondenti ad un più 5,7% (+37,9% rispetto al 2015).

La digestione anaerobica assume una funzione sempre più importante nel trattamento delle frazioni organiche selezionate, proprio per la possibilità di abbinare al recupero di materia quello di energia.

Infatti, oltre alla produzione del digestato da utilizzare in campo agricolo attraverso il processo di compostaggio, tale tipologia di gestione comporta la formazione di biogas che può essere utilizzato direttamente ai fini energetici per la cogenerazione di energia elettrica e termica.

Oppure, negli impianti di ultima generazione, sottoposto ad un processo di rimozione della CO2, che ne permette la trasformazione in biometano e la successiva immissione in rete al posto del gas naturale o per l’autotrazione.

Secondo le informazioni messe a disposizione da ISPRA, nel 2018, sono 5 gli impianti di trattamento integrato anaerobico/aerobico che effettuano la produzione di biometano, ubicati:

  • uno in Piemonte nella provincia di Torino,
  • due in Lombardia, nelle province di Bergamo e Lodi,
  • uno in Emilia Romagna, in provincia di Bologna
  • uno in Calabria, nella provincia di Cosenza.

L’impianto umbro (nella provincia di Perugia) dotato di tale tecnologia è operativo dal 2018 ma ha iniziato la produzione di biometano nel 2019.

A questi sette impianti, attualmente in fase di riconversione da trattamento aerobico a trattamento integrato, localizzati in Piemonte, Lazio, Puglia e Calabria e 6 nuove unità in corso di realizzazione in Piemonte, Lombardia, Liguria, Lazio e un’ulteriore riconversione da trattamento aerobico a trattamento integrato è stata inoltre autorizzata per un impianto in Abruzzo. Questi impianti dovrebbero entrare in esercizio entro il 2021.

Se, da molti anni, il compostaggio si presenta come il primo metodo per gestire questa particolare tipologia di rifiuti, vediamo che cominciano a presentarsi nuovi scenari, come ci conferma anche l’Agenzia Europea per l’Ambiente; grazie alle tecnologie più innovative, infatti, si è in grado di gestire i rifiuti organici trasformandoli in nuovi prodotti, come i biocarburanti.

Le bio-raffinerie, ve ne sono più di 800 in tutta Europa, utilizzano questi particolari rifiuti per produrre biocarburanti, come l’etanolo, il metanolo e l’idrogeno, sfruttando principalmente rifiuti di tipo omogeneo provenienti dall’agricoltura, dalla lavorazione degli alimenti, compresi i mangimi e una quota parte anche di rifiuti di tipo urbano, in particolare quelli organici.

Secondo il report dell’ Agenzia Europea dell’Ambiente, “Bio Waste in Europe, svariati sono i nuovi prodotti ricavabili dall’utilizzo dei rifiuti organici, tra questi anche la produzione di acidi grassi volatili utilizzati nei bio-carburanti o nella creazione di plastiche “bio-based”.

Negli anni è cresciuta l’attenzione sulla possibilità di ottenerli dai rifiuti organici, in particolare da quelli alimentari, che contengono materia organica in elevate quantità, con alte concentrazioni di idrogeno e fosforo.

Si tratta di creare un’alternativa più sostenibile, evitando che questi acidi vengano estratti dai carburanti fossili attraverso operazioni di sintesi.

La produzione di acidi grassi volatili attraverso la digestione anaerobica è in incremento ma la sua produzione su larga scala è stata testata solo con uno spettro ristretto di rifiuti organici, sono pertanto richiesti maggiori sviluppi, per rendere la produzione su larga scala sostenibile e fattibile economicamente.

Un altro interessante impiego è quello del recupero di nutrienti dai rifiuti organici.

La possibilità di recuperare fosforo trattando i rifiuti organici sta riscuotendo molta attenzione, in quanto siamo di fronte ad una risorsa non rinnovabile, in via di esaurimento ma di cui c’è molta domanda sopratutto da parte dell’agricoltura, dove i nutrienti, come questo, sono molto richiesti.

Con questo tipo di recupero si ridurrebbe sia la dipendenza da risorse non rinnovabili che l’eutrofizzazione dell’acqua.

I processi impiegati per recuperare il fosforo dai rifiuti organici necessitano ancora di qualche miglioramento per ottenere un prodotto finito di maggiore qualità e per abbattere alcuni costi di produzione ancora piuttosto elevati.

L’utilizzo della membrana vibrante per il recupero del fosforo è molto innovativa ma la sua applicabilità tecnica è ancora tutta da dimostrare.

L’estrazione di idrogeno, considerato come una fonte di energia pulita, dai rifiuti organici è un’altra possibile alternativa, molto innovativa ma che mostra ancora molti limiti e il suo utilizzo su larga scale è molto lontano.

A queste forme di recupero si aggiungono una serie di sistemi per convertire i rifiuti organici in energia, che comprendono la pirolisi, la carbonizzazione e la gassificazione.

fonte: www.trekking.it/