Che fine fa la spazzatura in Italia

17 Novembre 2015

Quanta ne produciamo e quanta ne ricicliamo? Quali regioni fanno meglio la raccolta differenziata, e quali peggio? Ci sono un po’ di nuovi dati.

La scorsa settimana l’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha diffuso i dati aggiornati al 2014 sulla produzione e gestione dei rifiuti urbani a livello comunale, suddivisi per tipo (carta, legno, plastica, rifiuti elettronici, ecc.). I dati riguardano quindi la quantità di rifiuti urbani prodotta nelle varie zone d’Italia, la percentuale di raccolta differenziata e le tecniche di smaltimento utilizzate (compostaggio, digestione anaerobica, trattamento meccanico biologico, incenerimento, smaltimento in discarica e import/export). Il rapporto completo, di quasi 600 pagine, si può leggere integralmente qui, ma sono disponibili anche delle comode schede di sintesi.

Quanti rifiuti produciamo
Abbiamo prodotto quasi 30 milioni di tonnellate nel 2014, in leggera crescita (+0,3 per cento) rispetto al 2013, dopo tre anni in cui era stata registrata una riduzione complessiva di quasi 3 milioni di tonnellate. Sono numeri molto legati ai classici indicatori socio-economici, in particolare alla spesa delle famiglie. Ma i dati non sono omogenei sul territorio: nel Nord la produzione di rifiuti è aumentata dell’1,4 per cento, mentre continua a scendere al Centro e al Sud, rispettivamente dello 0,3 e 0,9 per cento. Ci sono significative differenze regionali: l’Emilia Romagna e la Toscana producono più rifiuti urbani per abitante (636 e 601 kg), quasi il doppio delle regioni in fondo alla classifica, la Basilicata e il Molise con 349 e 387 kg.

Il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti fissa come obiettivo una riduzione del 5 per cento della produzione parametrata al PIL, in relazione ai valori del 2010, da conseguire entro il 2020: siamo già al 4,6 per cento. Se volete sapere quanti rifiuti produce il vostro comune (o se li differenzia), potete cliccare qui e selezionarlo tra gli oltre 8.000 comuni italiani.

La raccolta differenziata
Soltanto nel 2014 l’Italia ha raggiunto l’obiettivo del 45,2 per cento di raccolta differenziata (13,4 milioni di tonnellate, di cui 5,7 di frazione organica e 3,2 di carta e cartone) che si era posta per il 2008. Eravamo al 41,8 per cento nel 2013: in gran parte il raggiungimento si deve a un aumento delle regioni del Centro e del Sud, che restano comunque ancora molto indietro (40,8 e 31,3 per cento) rispetto a quelle settentrionali (56,7 per cento).

A fronte di una norma nazionale che imporrebbe una raccolta minima del 65 per cento, solo due regioni soddisfano questo requisito, il Veneto e il Trentino Alto Adige col 67,6 e 67 per cento. Le più lontane sono la Sicilia al 12,5 e la Calabria al 18,6 per cento. La migliore regione tra Sud e isole è la Sardegna, ottava col 53 per cento. Tra le città, solo Venezia e Verona superano il 50 per cento (Milano è al 49,9) mentre Catania, Palermo e Messina non raggiungono ancora nemmeno il 10 per cento.

Parliamo comunque della raccolta, cioè del sistema che preleva i rifiuti divisi per tipologia per inviarli verso il sistema di smaltimento o recupero più adatto, quindi solo la prima fase dell’intero processo di gestione dei rifiuti: valori di raccolta elevati non sempre corrispondono a un’elevata differenziazione, per esempio se il cassonetto della carta è pieno di altri rifiuti. Prima dello smaltimento finale, inoltre, circa due terzi dei rifiuti indifferenziati vengono comunque sottoposti a un pre-trattamento, principalmente meccanico biologico, per separare ulteriori materiali, stabilizzare la frazione organica, ridurre umidità e volume.

La gestione dei rifiuti urbani
Lo smaltimento in discarica è ancora, in Italia, la destinazione prevalente dei nostri rifiuti: interessa il 31 per cento dei rifiuti urbani prodotti – in calo rispetto al 37 per cento del 2013 – e in termini assoluti in la metà di quanto (oltre 18 milioni di tonnellate) veniva smaltito nel 2002. Viene bruciato il 19 per cento dei rifiuti urbani, il 17 direttamente negli inceneritori, generalmente con produzione di acqua calda e energia elettrica, e circa il 2 per cento da altri impianti produttivi (per esempio come combustibile nei cementifici). Il trattamento biologico dei rifiuti organici interessa il 16 per cento dei rifiuti totali, con la produzione di compostaggio, mentre per un quarto del totale si riesce efficacemente a effettuare un recupero di materia (tipicamente carta, alcune plastiche, vetro e metalli).

In Italia ci sono 279 impianti operativi per il compostaggio dei rifiuti organici (verde e umido) e 29 per la digestione anaerobica dei rifiuti con produzione principale di biogas, trattamenti che avvengono per il 75 per cento nel Nord del paese. L’incenerimento avviene in 44 diversi impianti (13 nella sola Lombardia), con la produzione nel 2014 di oltre 4,5 milioni di MWh di energia elettrica (per avere un’idea, poco più dell’energia elettrica consumata dal comune di Roma in un anno). È interessante il dato sui rifiuti urbani esportati, cioè quelli che mandiamo fuori dall’Italia, pagando: il 56,6 per cento viene usato per recuperare energia, il 41,6 è recuperato sotto forma di materia e solo l’1,9 per cento va in discarica.

Imballaggi
Gli imballaggi sono oltre un terzo dei rifiuti totali, nel 2014 11,9 milioni di tonnellate, in aumento di oltre il 3 per cento rispetto al 2013: quasi l’80 per cento viene recuperato e solo un 15 per cento viene bruciato.

Fuori dall’Italia
I 28 stati dell’Unione Europea hanno prodotto nel 2013 circa 243,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, l’1,2 per cento in meno rispetto all’anno precedente. La riduzione risulta, in media, più marcata nei nuovi Stati membri che nei primi 15 paesi a far parte dell’UE. Il 28 per cento dei rifiuti urbani viene riciclato, il 15 per cento viene avviato a compostaggio, mentre il 26 per cento e il 31 per cento vengono, rispettivamente, inceneriti e smaltiti in discarica, ma con valori molto diversi tra gli stati: tipicamente utilizzano più le discariche e meno il riciclaggio i paesi che hanno aderito più recentemente all’UE.

E il resto?
I rifiuti cosiddetti speciali, cioè quelli non urbani, sono in Italia oltre 130 milioni di tonnellate, oltre 4 volte i rifiuti urbani. Ma la normativa che ne regola lo smaltimento è diversa, sono rifiuti che vengono prodotti “lontano” da noi (nelle industrie, negli ospedali, nei laboratori, ecc) e quindi ce ne interessiamo molto meno.

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