Cispel sulla riforma Madia: ecco come cambiano partecipate e servizi pubblici in Toscana

8 Febbraio 2016

De Girolamo: «Sul territorio già fatti affidamenti di ambito e con gara, non abbiamo niente da temere».

 

 

Presidente, dopo una lunga attesa il Cdm ha approvato in via preliminare alcuni decreti attuativi della riforma Madia sulla Pubblica amministrazione: vengono introdotti un Testo unico per le partecipate pubbliche – per le quali si prospetta una riduzione da circa 8mila a mille società –, cambio scenario per i servizi pubblici locali. A suo parere, quali sono le novità più rilevanti per il settore?

«A parte che i testi unici potrebbero subire ancora delle modifiche rispetto a quanto discusso al Consiglio dei ministri, i due provvedimenti mi sembrano equilibrati nel loro impianto, razionalizzando e in parte semplificando un quadro normativo attuale ancora confuso e contradditorio. Nel Testo unico sui servizi pubblici locali si conferma il quadro legale europeo sugli affidamenti, senza forzature: gare per la concessione, partenariato pubblico-privato, in house. Vengono confermati gli ambiti territoriali ottimali nei servizi a rete e ampliato il ruolo delle autorità nazionali, con l’introduzione di quella per i rifiuti ed il potenziamento di quella dei trasporti. La parte sugli incentivi alle aggregazioni e il sostegno agli investimenti appare invece insufficiente, se guardiamo al settore a livello nazionale. Il decreto sulle partecipate è ragionevole anche se ancora troppo rigido. Credo, per esempio, che sia preferibile accorpare aziende piccole piuttosto che venderle o liquidarle. Manca poi un coordinamento sulle società patrimoniali nei due testi (uno le prevede, l’altro le esclude). Alcune norme sul lavoro non sono condivisibili e attendiamo di conoscere il contenuto dell’allegato A per elencare le esclusioni: credo che andrebbero escluse le quotate e le loro controllate, le spa miste con gara per il partner e le aziende pubbliche che hanno vinto una gara. Le società partecipate non devono essere considerate una parte della pubblica amministrazione, e il decreto definisce un assetto equilibrato».

 

Il mondo dei servizi pubblici locali in Toscana, nel suo complesso, è oggi una realtà (anche) economicamente rilevante: le circa 200 imprese associate a Cispel valgono oggi più del 2% del Pil e 15mila occupati. Come valuta l’impatto dei decreti attuativi nel particolare contesto territoriale?

«In Toscana abbiamo già fatto affidamenti di ambito e con gara e nei servizi pubblici locali non abbiamo niente da temere dai nuovi decreti. Alcuni effetti li avremo sulle farmacie comunali e su altre aziende locali più piccole, mentre si apre un’opportunità per concentrare aziende importanti come quelle della sosta, dell’illuminazione pubblica e dei servizi alla città in logiche di smart city».

 

Si fa sempre più insistente una prospettiva in cui spetterà all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico un ruolo di regolatore anche nel settore dei rifiuti. Quale cambiamenti di governance e gestione auspica?

«È una decisione che auspichiamo e chiediamo da anni. Il settore rifiuti era l’unico privo di regolatore nazionale, e forse quello che ne aveva più bisogno. Come è avvenuto per l’acqua, la nascita di una autorità nazionale fa crescere industrialmente il settore, fa superare localismi e interferenze politiche, consente l’allineamento a costi efficienti e tariffe ragionevoli e sostiene gli investimenti. Il settore in Toscana può solo trarre benefici da questa scelta, che speriamo si attui rapidamente. Abbiamo poi sempre proposto che la sede di questa Autorità, oltre a quella di Milano, fosse in Toscana, a Firenze».

 

Con la riforma Madia cambiano per le partecipate anche le norme che regolano la possibilità di fallimento e le modalità per procedere ad assunzioni: due temi che, in Toscana, sono più che mai caldi per la municipalizzata livornese Aamps. Come cambia dunque lo scenario labronico?

«La nuova norma prevede giustamente l’applicazione anche alle aziende partecipate delle procedure di crisi aziendale e di fallimento, introducendo anche importanti elementi tesi a prevenire tali eventualità in termini di governance e procedure interne. Anche sul personale si conferma un impianto privatistico, pur con qualche eccezione. Il problema di Livorno non è secondo me solo se sia “legale” fallire per un’impresa in house, ma che nel caso di Aamps questa scelta eventuale è una follia irresponsabile, considerata l’attuale situazione gestionale frutto del lavoro dell’ultimo anno e la possibilità per il Comune di ricapitalizzare con risorse disponibili. Per non spendere 6 milioni di euro già a bilancio si scaricherebbe sulla città, sui lavoratori e sui fornitori (tanti) una svalutazione crediti di 40 milioni pagando eventuali spese di concordato per 3/4 milioni. Un’assurdità frutto di una decisione politica ideologica e irresponsabile».

 

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