Corepla: ‘siamo vittima del nostro stesso successo’

24 Luglio 2017

Intervista al Presidente di Corepla, Antonello Ciotti, sul nuovo CAC diversificato e sui problemi legati al fine vita delle plastiche miste.

CAC diversificato, centri di selezione pieni e termovalorizzatori saturi: non mancano i temi da affrontare con Antonello Ciotti, dall’anno scorso presidente di Corepla, il Consorzio di filiera che in ambito Conai segue la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica. L’anno scorso sono state raccolte nel nostro paese 960mila tonnellate di rifiuti plastici da imballaggio, e quest’anno l’obiettivo è di superare il milione di tonnellate, cercando di non allargare il buco nel bilancio. “Corepla è vittima del suo stesso successo – nota Ciotti – più raccoglie, più i conti vanno in rosso, dato il deficit di catena strutturale”.

Partiamo dal contributo differenziato per gli imballaggi in plastica: sono state definite le fasce e i relativi contributi a carico delle imprese. Soddisfatto?
Ci sono voluti due anni di lavoro certosino per identificare e ripartire gli imballaggi nelle tre categorie, che dal 1 gennaio 2018 pagheranno un contributo differenziato (leggi articolo). La suddivisione si basa su un’analisi del ciclo di vita (LCA) che ha riguardato tutte le tipologie di imballaggio. Partendo dai risultati, la ripartizione è stata fatta secondo il canale (commercio e industria o domestico), la facilità di separazione nei centri di selezione e la riciclabilità.
Dal 1 gennaio 2018 il CAC sugli imballaggi in plastica passerà da 188 a 208 euro a tonnellata e su questa base si calcoleranno i contributi differenziati: la prima fascia (A) comprende gli imballaggi selezionabili e riciclabili da circuito ‘commercio e industria’, con un contributo di 179 euro (29 euro in meno); la seconda fascia (B), che comprende gli imballaggi selezionabili e riciclabili da circuito domestico, si ferma a 208 euro/ton, mentre per l’ultima fascia (C), residuale, il contributo sale a 228 euro/ton, con un aggravio di venti euro.

Sono differenze giustificate sotto l’aspetto ambientale?
Si tratta di una approssimazione per difetto: applicando rigorosamente l’analisi LCA avremmo dovuto introdurre una differenziazione economica ancora più marcata tra le tre fasce: abbiamo optato per una gradualità di applicazione del contributo differenziato per non penalizzare in modo eccessivo gli imballaggi nell’ultima fascia. Questa classificazione non è però definitiva: Corepla ha preso l’impegno di investire in ricerca e sviluppo per colmare il gap di riciclabilità e consentire agli imballaggi della fascia C di passare alla B. Servirà comunque tempo.

I produttori di bioplastiche non saranno contenti: prodotti come le stoviglie monouso o le vaschette si trovano nella fascia più penalizzata…
Nella collocazione degli imballaggi nelle tre fasce non si è volutamente tenuto conto del polimero utilizzato, ma solo della tipologia di packaging, per evitare di aprire una diatriba infinita sulle prestazioni ambientali delle diverse plastiche.

L’aumento del CAC per gli imballaggi in plastica era necessario?
In Corepla siamo vittime del nostro stesso successo: più raccogliamo, più i conti vanno in rosso, dato il deficit di catena strutturale. Questo per quanto concerne il lato economico. Dal punto di vista dei volumi, i risultati sono invece lusinghieri: la raccolta continua a crescere con tassi significativi. L’anno scorso abbiamo registrato un incremento dell’8% e, nei primi cinque mesi di quest’anno, siamo già oltre il 12 percento; ci sono ormai regioni al Sud che presentano gli stessi volumi di raccolta differenziata procapite del Nord, per esempio Campania e Lombardia, un risultato che due anni fa sembrava impossibile.

Questo ha un impatto anche sugli impianti di selezione e termovalorizzazione, ormai saturi?
Sì, ma non solo i rifiuti plastici misti a intasare gli impianti. I termovalorizzatori sono oberati dai conferimenti di alcune città del Centro Sud alle prese con l’emergenza rifiuti. Bisogna tener conto che i rifiuti solidi urbani indifferenziati sono più convenienti da bruciare rispetto al plasmix per il loro più basso potere calorifico, che consente di trattare un volume quasi doppio di materiale (il limite di capacità dell’impianto è dato dalle kilocalorie prodotte, non dal peso del materiale in entrata). La conseguenza è che, anche al Nord, gli scarti plastici non altrimenti riciclabili si accumulano presso i centri di selezione. Questo perché in alcune regioni non sono presenti termovalorizzatori in numero adeguato.

Quanti impianti di termovalorizzazione servirebbero oltre a quelli esistenti?
Lo studio del Ministero dell’Ambiente riportato nel decreto SalvaItalia individua un deficit a livello nazionale di 8-9 impianti. Se poi preferiamo spedire in Germania i nostri rifiuti e pagare a caro prezzo il servizio, dobbiamo accettarne le conseguenze.
Il sistema di gestione rifiuti è come una sedia a quattro gambe: compostaggio, riciclo meccanico, termovalorizzazione e discarica. Per restare in equilibrio possiamo togliere al massimo una, ma non due gambe: se vogliamo eliminare le discariche è necessario investire nei termovalorizzatori. Il sistema non si regge solo su compostaggio e riciclo.

Come risolvere il problema nel breve periodo, visto che i tempi per costruire nuovi impianti si prospettano lunghi, se non lunghissimi?
A breve, ci stiamo confrontando con le multiutility per cercare di mantenere il sistema in equilibrio, anche perché l’intera produzione di scarti plastici da termovalorizzare rappresenta non più del 10% del totale: distribuita in modo bilanciato tra tutti gli impianti potrebbe essere gestita. Ciò che stiamo facendo è allocare in modo minuzioso i rifiuti presenti nei nostri centri tra i diversi termovalorizzatori, chiedendo loro di privilegiare la produzione per così dire locale, onde evitare inutili trasporti di rifiuti lungo la Penisola e non penalizzare le amministrazioni più virtuose.
Corepla sta anche investendo in R&D, un milione di euro in budget quest’anno, per spingere il riciclo delle frazioni più difficile da trattare. Il mio sogno è che il Consorzio agisca da catalizzatore di progetti privati o misti lungo tutta la filiera, dall’ecodesign a sistemi di selezione più efficaci, dal riciclo chimico a nuovi ambiti applicativi per le plastiche rigenerate.

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