Utilizzo agronomico del digestato: nuove norme

13 Maggio 2016

Le Regioni hanno 6 mesi di tempo dall’entrata in vigore del decreto per adeguarsi alle novità.

 

Il digestato derivante dalla digestione anaerobica – in impianti aziendali o interaziendali – di determinati materiali ed utilizzato ai fini agronomici è da considerarsi sottoprodotto e quindi non rifiuto, secondo quanto disposto dalla Legge 134/12; la norma rimanda ad uno specifico decreto la definizione delle caratteristiche e delle modalità di impiego, comprese le modalità relative alle operazioni preliminari all’utilizzo.

Nella suddetta legge il digestato veniva equiparato ai concimi di origine chimica: la Commissione europea ha però ritenuto non conforme l’articolo “Condizioni di equiparabilità del digestato ai concimi di origine chimica” e pertanto tale articolo è stato rimosso dal testo.

Il 25 febbraio 2016 è stato dunque firmato il Decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che aggiorna le regole ed i criteri per l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento ed acque reflue (definiti dal decreto 7 aprile 2006, che viene ora abrogato) e del digestato prodotto dagli impianti di digestione anaerobica.

Le Regioni e le Province autonome hanno 180 giorni di tempo dall’entrata in vigore del decreto per disciplinare le attività di utilizzazione agronomica o adeguare le discipline esistenti nel rispetto dei criteri generali previsti dal decreto.

Per quanto riguarda il digestato, la nuova norma ribadisce che può essere escluso dalla disciplina dei rifiuti – e considerato quindi un sottoprodotto – solo se rispetta certe condizioni:

è prodotto in impianti – aziendali e interaziendali – di digestione anaerobica autorizzati ed alimentati con effluenti di allevamento ed una serie di materie tra cui scarti vegetali ed alcuni scarti dell’agroindustria (art. 22);
vi è certezza di impiego agronomico;
lo si può usare direttamente, senza ulteriori trattamenti diversi dalle normali pratiche industriali quali la disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura, filtrazione, separazione solido liquido, strippaggio, nitrificazione denitrificazione, fitodepurazione;
soddisfa le caratteristiche di qualità indicate all’Allegato IX, nonché le norme igienico-sanitarie e di tutela ambientale comunque applicabili.

È vietato poi l’uso agronomico del digestato prodotto da colture che provengano da siti inquinati o da materiale contaminato. Tale materiale, considerato un rifiuto, a seguito di specifica operazione di essiccazione, dovrà essere avviato, preferibilmente, ad incenerimento (art. 23).

In base ai flussi in ingresso, il digestato viene distinto nella norma in:

agrozootecnico, prodotto cioè con paglia, sfalci, potature, materiale agricolo derivante da colture agrarie, effluenti di allevamento, materiale agricolo e forestale non destinato al consumo alimentare;
agroindustriale, prodotto cioè da acque reflue, residui di attività agroalimentare, acque di vegetazione dei frantoi e sanse umide, sottoprodotti di origine animale.

Chi produce o chi utilizza il digestato è tenuto, tra le varie cose, a presentare al SUAP del Comune la comunicazione all’utilizzazione agronomica (art. 4); certe tipologie di aziende sono inoltre tenute anche alla predisposizione del Piano di utilizzo agronomico – PUA (art. 5).

La norma affronta infine l’uso agronomico nelle zone vulnerabili da nitrati disciplinando divieti, modalità di stoccaggio e di uso agronomico nonché i controlli e monitoraggi necessari per la verifica della concentrazione dei nitrati nelle acque e valutazione dello stato trofico.

Il Decreto disciplina quindi il digestato, insieme ad altre tipologie di effluenti prodotti dalle attività agricole, per il suo utilizzo diretto in campo agricolo.

Ricordiamo che in materia di digestato era già intervenuta lo scorso anno una norma (Decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 26 maggio 2015), che aveva inserito tra i fertilizzanti il digestato essiccato, derivante cioè dall’essiccazione del digestato ottenuto dalla conversione in biogas di colture dedicate, residui colturali, sottoprodotti vegetali agroindustriali. Il Decreto di un anno fa permette infatti l’immissione sul mercato di un fertilizzante registrato che può essere venduto senza che l’acquirente debba motivarne l’utilizzo: in questo caso il controllo sulla regolarità del prodotto è affidata in esclusiva al MIPAF tramite l’Istituto controllo qualità e i produttori devono registrarsi preventivamente presso il medesimo ministero.

[Arpat News]